Malattie sessualmente trasmissibili

Le malattie sessualmente trasmissibili (MST) sono causate da microrganismi che vengono trasmessi prevalentemente per contatto sessuale.  Le manifestazioni correlate all’infezione sono in genere localizzate all’apparato genitale e urinario, ma ci sono patologie che possono dare manifestazioni anche a livello sistemico. Molte di queste infezioni decorrono in modo asintomatico, senza dare cioè alcuna manifestazione clinica, determinando così il rischio di contagi inconsapevoli. Si tratta di malattie che, pur avendo una larghissima diffusione in ragione dei cambiamenti socio-culturali che hanno contribuito a modificare i comportamenti sessuali – individuali e collettivi – sono ancora troppo spesso sottovalutate, erroneamente considerate retaggio del passato, lontane dal proprio vissuto e associate solo ad alcune categorie di soggetti a rischio. Eppure rappresentano uno dei più critici problemi di salute pubblica a livello mondiale, registrando un preoccupante continuo aumento di nuovi casi. Le donne, in particolare nell’immediato periodo post-menarcale e comunque nella giovane età, sono maggiormente a rischio, poiché “per natura” sono assai più suscettibili al contagio rispetto agli uomini e presentano frequentemente quadri clinici asintomatici o aspecifici che possono esitare in complicanze anche gravi.

Approfondimenti

Epidemiologia

Le MST hanno un forte impatto sulla salute sessuale e riproduttiva a livello globale.
Nel mondo sono circa 499 milioni le persone, di età compresa fra i 15 ed i 49 anni, che contraggono ogni anno una delle 4 più diffuse MST (clamidia, gonorrea, sifilide, trichomonas vaginalis), a cui si aggiungono le infezioni genitali virali (herpes simplex virus di tipo 1 e 2, papilloma virus umano). Questi dati sulla diffusione delle MST, pubblicati dall’Organizzazione mondiale di sanità (OMS) evidenziano chiaramente, ancora una volta, come queste malattie rappresentino un serio problema di salute pubblica in tutti i paesi del mondo. Nonostante la maggior parte di queste patologie si verifichino nei paesi in via di sviluppo, nel corso dell’ultimo decennio è stato osservato un importante incremento anche nelle aree metropolitane dei paesi più sviluppati.
In Italia, secondo quanto riportato da un sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità, il “Sistema di sorveglianza sentinella”, attivo dal 1991, il numero di nuovi casi di MST è rimasto stabile fino al 2004, con una media di 3.920 casi all’anno, per poi subire un incremento del 25% nel periodo 2005-2011 ed arrivare ad una media di 4.919 nuovi casi all’anno.

Chi è a rischio

L’attività sessuale espone al rischio di contagio: anche un solo rapporto con persona portatrice di una MST è sufficiente a contagiare il partner, ma le probabilità di infezione sono tanto maggiori quanto più è elevato il numero di partner occasionali. Il contagio può avvenire nel corso di un rapporto completo o incompleto, attraverso rapporti anali o, più raramente, orali. Solo per alcuni patogeni è descritta una trasmissione dell’infezione attraverso la condivisione di capi intimi, biancheria e asciugami o per contatto con superfici caldo-umide di saune e bagni.
Le donne, per ragioni anatomiche e fisiologiche, sono assai più suscettibili al contagio rispetto agli uomini.
In linea generale i fattori comportamentali che espongono al rischio di contrarre infezioni a trasmissione sessuale sono:

  • Tipo di contraccezione: non uso del preservativo (condom).
  • Nuovo partner.
  • Rapporti con partner multipli occasionali.
  • Scarso rispetto delle comuni norme igieniche.

Ci sono poi altri fattori associati a un incrementato rischio, quali:

  • Pregresse MST.
  • Inizio precoce dell’attività sessuale.
  • Fumo di sigaretta.
  • Uso di droghe.
  • Suscettibilità genetica.
  • Deficit del sistema immunitario.

Conseguenze delle MST.

Come confermano i dati dell’OMS, le conseguenze delle MST sulla salute sono serie e molteplici. Queste patologie sono, infatti, un’importante causa di infertilità sia negli uomini che nelle donne e purtroppo alcune di queste sono asintomatiche. L’infezione di alcuni tipi di Papilloma Virus può portare a sviluppare il cancro alla cervice uterina nelle donne, mentre MST contratte in gravidanza sono associate al rischio di nascita pretermine, neonato sottopeso alla nascita e morte neonatale.
Le MST possono anche aumentare di 3 volte il rischio di contrarre l’HIV.  

Il preservativo è l’unico strumento di protezione verso le infezioni a trasmissione sessuale: il suo impiego, appropriato e sistematico, è il mezzo più idoneo per la prevenzione delle MST, pur non garantendo una protezione assoluta del 100%.
La sua efficacia protettiva (e anche contraccettiva) è condizionata dal corretto utilizzo:

  • deve essere usato sempre, in ogni rapporto sessuale;
  • deve essere indossato fin dall’inizio e per tutta la durata del rapporto.

Dal momento che solo la sua perfetta integrità ne garantisce l’efficacia, deve essere conservato in modo da non alterarne il materiale e utilizzato nel rispetto della data di scadenza indicata sulla confezione.
Esiste anche il preservativo “femminile”. In Italia è ancora poco diffuso e non facilmente reperibile (è possibile acquistarlo in internet). Si tratta di una morbida guaina trasparente da inserire in vagina prima del rapporto sessuale. Al pari del corrispettivo maschile, formando una barriera tra i genitali che ne impedisce il contatto diretto, protegge dalle MST.

Si tratta di un’infezione batterica esclusivamente a trasmissione sessuale che ha maggior prevalenza nelle adolescenti sessualmente attive; la fascia di età più a rischio è quella compresa tra i 15 e i 24 anni. Vi è poi il rischio di contagio del neonato attraverso il canale del parto, qualora la madre sia portatrice d’infezione. Si tratta di un’infezione che nella maggior parte dei casi (70-80%) decorre asintomatica. Quando presenti, i sintomi sono spesso lievi e aspecifici; talvolta compaiono perdite vaginali di aspetto purulento, sanguinamenti intermestruali o successivi al rapporto sessuale o disturbi durante l’emissione di urine.
L’infezione non deve essere trascurata, dal momento che può portare a complicanze severe: nel 25-40% delle forme non trattate, evolve in malattia infiammatoria pelvica, che rappresenta l’esito più grave. Altre possibili complicanze sono esiti cicatriziali a livello tubarico con elevato rischio di sterilità, dolore pelvico cronico e aumentato rischio di gravidanza extrauterina.
In considerazione dell’elevato rischio correlato alla giovane età, delle possibili complicanze e dell’alta percentuale di casi asintomatici, sarebbe raccomandato uno screening mirato annuale in tutte le ragazze di età inferiore ai 25 anni e nelle donne di età superiore, qualora esistano fattori di rischio come un nuovo partner sessuale o partner multipli.
Si stima che il 5% delle infezioni sia complicato da fallimento terapeutico o recidiva, pertanto è sempre bene sottoporsi a un nuovo controllo dopo quattro settimane dalla sospensione del trattamento.
È necessario che anche il partner sessuale si sottoponga ad appropriata cura antibiotica al fine di evitare la reinfezione e che, durante l’assunzione della terapia, sia sospesa l’attività sessuale.

 

Le infezioni micotiche del tratto genitale sono attribuibili prevalentemente a funghi appartenenti al genere Candida; si tratta di un microorganismo che può normalmente risiedere nelle vie genitali femminili, diventando patogeno solo quando la sua moltiplicazione incontrollata determina l’invasione dei tessuti vaginali fino a raggiungere il sangue dove libera tossine, causando così disturbi locali (tipicamente intenso prurito vaginale) e sistemici (stanchezza, alterazione dell’alvo, gonfiore addominale, mal di testa ricorrenti). Alcune specifiche condizioni favoriscono la proliferazione di candida, tra cui gravidanza (alti livelli di estrogeni rendono l’ambiente favorevole al patogeno), alterazioni endocrine (come diabete non controllato), alimentazione eccessivamente ricca in carboidrati, terapia con antibiotici o cortisonici, deficit del sistema immunitario. Anche l’impiego di indumenti stretti, sintetici e scarsamente traspiranti, l’uso frequente di lavande vaginali o il prolungato impiego di salva-slip possono essere chiamati in causa.

La candida rappresenta una delle più frequenti forme di infezione dell’apparato genitale femminile: si stima che il 75% delle donne vada incontro ad almeno un episodio di infezione nella propria vita, che il 45% ne presenti almeno due e che il 5-10% sviluppi infezioni croniche recidivanti.
Si tratta di un’infezione che non è trasmessa soltanto per via sessuale, dal momento che è molto diffusa nell’ambiente. La manifestazione più tipica dell’infezione è una secrezione vaginale biancastra con aspetto a latte cagliato, non maleodorante, accompagnata da bruciore e prurito, a volte particolarmente intenso; in genere, questi sintomi si accentuano una settimana prima della mestruazione. Nelle forme più gravi possono essere presenti anche disturbi urinari e/o dolore nei rapporti sessuali.

Ai fini terapeutici, è importante distinguere tra forme non complicate, per le quali è sufficiente l’applicazione locale di preparati antimicotici (attenzione: l’uso di questi prodotti può indebolire il lattice del preservativo e quindi aumentare il rischio di rottura), forme complicate, che richiedono l’assunzione di terapia sistemica e forme recidivanti (in cui gli episodi di infezione sono quattro o più all’anno), in cui è opportuno associare alla terapia d’attacco una di mantenimento.

I Papilloma Virus Umani infettano cute e mucose, producendo come lesioni verruche e, nel caso dell’area genitale, condilomi.
È utile distinguere i Papilloma Virus in tipi a basso e ad alto rischio: i primi possono infettare il tratto genitale senza dare alcuna manifestazione oppure provocando verruche genitali o condilomi (lesioni singole o multiple, in tal caso tipicamente confluenti, di consistenza soffice e colorito biancastro), eventualmente associati a prurito e dolore. La localizzazione più frequente è la vulva; seguono perineo, vagina, cervice e sede perianale. I tipi ad alto rischio possono invadere il tratto genitale senza dar segno di sé, provocare lesioni visibili alla colposcopia oppure dar luogo ad alterazioni cellulari che, in una minima percentuale dei casi, possono evolvere in lesioni neoplastiche. In particolare, il tipo 16 e 18 sono responsabili del 70-75% di tutti i tumori del collo dell’utero.
Si calcola che circa il 75% della popolazione femminile sessualmente attiva contragga l’infezione genitale nel corso della propria vita, ma approssimativamente nel 70% dei casi questa scompare spontaneamente nell’arco di due anni (attenzione: il fumo riduce nettamente questa possibilità!).
L’infezione sessualmente trasmessa è estremamente contagiosa: si stima che circa due terzi dei soggetti che hanno avuto rapporti sessuali con un partner infetto siano destinati a sviluppare l’infezione entro due – otto mesi.
Si riporta anche un contagio indiretto attraverso asciugamani e biancheria intima; sono inoltre documentate altre vie di trasmissione, verticale (da madre a figlio) e per contatto con verruche cutanee.

L’infezione è spesso asintomatica e in forma subclinica, dimostrabile cioè solo con esami di laboratorio.
Non si dispone di una terapia specifica per il virus, che pertanto non può essere eliminato dall’organismo, mentre per le lesioni cutanee e mucose, da esso determinate, è possibile ricorrere a terapia medica (creme per uso topico) o strumentale (laser, diatermocoagulatore o bisturi), a seconda delle dimensioni, della sede e della gravità istologica delle stesse.
L’uso del profilattico riduce il rischio di contagio, ma non lo annulla del tutto; se, infatti, vi sono aree infette (scrotali o vulvari), queste sono possibili fonti di trasmissione diretta per contatto cutaneo.

Prevenzione primaria: il vaccino anti-HPV

Il vaccino anti-HPV è composto da proteine costruite in laboratorio, in grado di indurre una risposta immunitaria efficiente attraverso la produzione di anticorpi neutralizzanti specifici; non contiene il virus vero, pertanto non vi è alcuna possibilità che possa provocare l’infezione da HPV.
Il vaccino è preventivo, non ha alcuna efficacia terapeutica.
L’infezione da HPV viene facilmente acquisita e per questo motivo è importante somministrare il vaccino prima dell’inizio dell’attività sessuale, anche se la precedente attività sessuale non è una controindicazione alla vaccinazione.
In Italia sono disponibili due diversi vaccini: uno contenente i sierotipi 16 e 18 (bivalente), che viene somministrato solo alle femmine e uno contenente, oltre ai sierotipi 16 e 18, anche i sierotipi 6 e 11 (tetravalente) che può essere somministrato a maschi e femmine.
La protezione immunologica del vaccino supera, secondo studi recenti, gli otto anni e pertanto non vi è attualmente evidenza della necessità di una dose di richiamo.
Ad oggi in Italia il vaccino è raccomandato e gratuito per tutte le ragazze nel corso del 12° anno di età (può essere somministrato a partire dai 9 anni) fino ai 45 anni; negli Stati Uniti il vaccino tetravalente è raccomandato anche nei maschi nel corso del 12°anno (a partire dai 9 anni) e fino a 21 anni, così come in Australia e in Canada.

La vaccinazione può essere eseguita insieme ad altre vaccinazioni e l’unica controindicazione assoluta ad eseguirla è avere avuto una reazione allergica ad uno o più componenti del vaccino stesso.

L’infezione virale da HIV, che si può trasmettere per via ematica (trasfusioni di sangue infetto, scambio di siringhe infette), sessuale o verticale (cioè da madre a figlio durante la gravidanza, al momento del parto o attraverso l’allattamento), è responsabile di uno stato infiammatorio cronico che determina un deficit funzionale e quantitativo del sistema immunitario (AIDS: Sindrome da Immunodeficienza Acquisita) con predisposizione ad infezioni e neoplasie.
La trasmissione sessuale può insorgere quando c’è contatto tra le secrezioni sessuali di un partner infetto e le mucose genitali, orali e rettali dell’altro.
Nonostante la probabilità di trasmissione sessuale non sia alta, l’elevato numero di esposizioni di questo tipo fa sì che sia la modalità prevalente di diffusione del virus.
Non sono al momento disponibili vaccini e terapie risolutive.

In questi anni l’attenzione e l’interesse verso l’AIDS sono progressivamente ridotti: la percezione del rischio di esposizione è estremamente bassa in tutte le fasce di età. È pur vero che il numero di decessi per AIDS si è ridotto, grazie alle nuove possibilità terapeutiche che rendono oggi la malattia controllabile nella maggior parte dei casi (i farmaci disponibili sono molto efficaci ma non in grado di eradicare l’infezione), ma d’altra parte è cresciuto il numero di malati sieropositivi. Il dato preoccupante è che l’età in cui viene posta la diagnosi è sempre più avanzata con un’età mediana di 38 anni per i maschi e di 36 per le femmine. Il problema più rilevante è rappresentato dalla diagnosi frequentemente posta in fase avanzata, quando l’infezione ha già prodotto gravi danni all’immunità. Ciò si traduce in minor chance terapeutiche e maggior rischio di contagio di terzi nel lungo periodo di tempo che intercorre tra infezione e diagnosi.
Per questo, il test HIV (attraverso un semplice prelievo di sangue è possibile rilevare, in caso di sieropositività, la presenza di anticorpi “anti-HIV”, prodotti dall’organismo per contrastare il virus) rimane un prezioso e irrinunciabile strumento per la diagnosi precoce.

Un dovere verso se stessi ma anche verso gli altri: sapere di essere sieropositivo consente di adottare tempestivamente ed efficacemente le opportune misure terapeutiche e di salvaguardare la salute altrui.

Materiale download

Booklet: Sai riconoscere le tue nemiche?
Booklet: Papilloma virus umano e cancro della cervice uterina
Booklet: Scegli la prevenzione. Il tumore del collo dell’utero ed altre patologie da Papilloma virus
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Informazioni

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LILA - Lega Italiana per la Lotta contro l'Aids

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Portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica
www.epicentro.iss.it

Ministero della Salute
www.salute.gov.it

Essere donna online
http://esseredonnaonline.it/

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