Cancro al seno, misura dei recettori per prevedere la progressione

27 Apr 2015

Un gruppo di ricercatori britannici ha scoperto un modo per prevedere in quali pazienti con cancro al seno iniziale la malattia avrà un andamento progressivo. «Il carcinoma duttale in situ (Dcis) è un precursore del cancro al seno in cui le cellule neoplastiche sono inizialmente contenute nei dotti delle ghiandole mammarie» spiega Nigel Bundred dell’Università di Manchester all’ospedale universitario di South Manchester Nhs foundation trust. Senza trattamento, comunemente basato sull’associazione tra chirurgia e radioterapia conservativa, fino a metà delle pazienti avrà una progressione di malattia, sia in forma di carcinoma duttale in situ sia come cancro al seno invasivo. «Al momento, tuttavia, non è possibile prevedere in quali casi la neoplasia progredirà, tant’è che tutte le donne diagnosticate vengono trattate in modo radicale, una terapia che in molti casi è potenzialmente inutile» riprende Bundred, coordinatore dello studio pubblicato su Annals of oncology, che assieme ai colleghi ha analizzato i possibili sottotipi di carcinoma duttale in situ e la loro capacità di progressione o recidiva in campioni prelevati da 314 donne con diagnosi di questa neoplasia. Utilizzando appositi metodi di colorazione i ricercatori hanno misurato la quantità di recettori per gli estrogeni (Er), per il progesterone (Pr) e di Her2, acronimo per Human epidermal growth factor receptor 2, la cui sovraespressione proteica è presente in circa il 30% dei tumori alla mammella. «Così facendo abbiamo suddiviso i campioni in quattro sottotipi, scoprendo che le pazienti positivi per Er e Pr ma negative per Her2 avevano meno probabilità di progressione o recidiva invasiva» riprendono gli autori. «Misuriamo regolarmente i livelli di Er nelle pazienti con carcinoma duttale in situ, ma i nostri risultati suggeriscono che le informazioni aggiuntive provenienti dai test per Her2, attualmente di routine solo nelle donne con neoplasia avanzata, potrebbero identificare meglio i soggetti a rischio di invasività» conclude Bundred, ricordando che tali esami, economici e facili da eseguire, potrebbero aiutare molte pazienti a evitare trattamenti non necessari.

Ann Oncol. 2015. doi: 10.1093/annonc/mdv062

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