Incontinenza femminile: superiamo i tabù.

15 Gen 2009

Guarire dall’incontinenza urinaria si può? Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Antonella Biroli, fisiatra presso la Struttura di Riabilitazione Neurologica e Disfunzioni Autonome dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino.

Dottoressa Biroli, l’incontinenza urinaria è una patologia che non viene facilmente accettata dalla donna ma che piuttosto viene avvertita come una sorta di tabù. Quante donne ne sono affette? E qual è la fascia di età maggiormente colpita?
L’incontinenza urinaria è un sintomo piuttosto frequente. Secondo statistiche internazionali a soffrire di questo disturbo sono fino al 25% delle donne. Studi demoscopici condotti in Italia dalla Fondazione Italiana Continenza stimano che la prevalenza in una popolazione femminile di età compresa tra i 18 e i 70 anni si aggiri intorno al 12%. Per definire invece quali siano le fasce di età maggiormente colpite, occorre differenziare la tipologia di incontinenza. L’incontinenza da sforzo che si manifesta quando aumenta la pressione addominale a seguito per esempio di uno starnuto, una risata o un colpo di tosse, è più comune nella donna adulta, laddove con l’avanzare dell’ età sale la prevalenza dell’incontinenza da urgenza causata da uno stimolo urinario improvviso, impellente e improcrastinabile. E’ infine frequente che le due forme coesistano e che l’incontinenza sia di tipo misto.

Esistono degli esami specifici per valutare l’incontinenza urinaria?
A seconda della natura dell’incontinenza si avrà un approccio differente. E’ compito del medico accertare che ci si trovi di fronte ad una incontinenza cosiddetta “non complicata” cioè non secondaria ad altre patologie di cui essa rappresenti solo un sintomo. Il primo approccio in questo caso è senz’altro poco invasivo, si procede cioè ad una visita, ad un esame delle urine per escludere infezioni del basso tratto urinario, alla valutazione del residuo vescicale dopo la minzione ed alla tenuta di un diario minzionale (esami di primo livello). Su queste basi è possibile definire una “diagnosi di presunzione” ed instaurare una terapia riabilitativa e/o farmacologica. In caso di inefficacia di tale approccio conservativo si provvederà ad eseguire esami di secondo livello, tra cui lo studio urodinamico, un esame indolore che consente di valutare il funzionamento del sistema vescico-uretrale per una diagnosi più accurata sulla base della quale eventualmente porre anche indicazioni chirurgiche.

Piccole perdite devono già allarmare?
Poiché la medicina ha a disposizione delle terapie utili per la risoluzione o la gestione del problema, più che allarmare credo che sia importante consigliare di rivolgersi al medico per una presa in carico precoce del problema.

Qual è la forma più frequente di incontinenza urinaria femminile?
Come detto precedentemente dipende dalla fascia di età, presentandosi con maggiore frequenza l’incontinenza da sforzo nelle donne adulte. Dopo i 50 anni cresce progressivamente la prevalenza delle forme da urgenza e di tipo misto.

E’ un disturbo che affligge maggiormente durante il giorno o la notte?
In genere l’incontinenza è un disturbo che affligge prevalentemente durante il giorno, in particolare se si soffre di incontinenza da sforzo poiché le occasioni in cui aumenta la pressione addominale sono maggiori durante le attività della vita quotidiana. L’incontinenza da urgenza, quella forma quindi in cui lo stimolo della minzione si impone imperiosamente e supera la capacità di controllo della persona, si manifesta durante il giorno ma non sono escluse perdite anche durante la notte, quando la persona si sveglia ma non riesce a giungere fino al bagno. Vi sono poi alcune situazioni caratterizzate da perdite esclusivamente durante la notte, come avviene nella enuresi notturna, maggiormente conosciuta nei bambini ma che può essere presente anche in età adulta.

Ci sono comportamenti o azioni che è preferibile evitare per contenere il disturbo?
Presunta la diagnosi ed escluse patologie organiche rilevanti, per controllare l’incontinenza si può iniziare ad agire innanzitutto sullo stile di vita. Vi è infatti evidenza che l’obesità sia un fattore di rischio per l’incontinenza urinaria. Raccomandiamo quindi in generale di controllare il peso se eccessivo con una adeguata regolarizzazione della dieta e attività fisica. Anche l’eccessivo consumo di caffeina può costituire un ulteriore fattore di rischio per l’incontinenza potenzialmente modificabile. Altri consigli, seppur meno supportati dalle evidenze scientifiche, sono volti a mantenere una regolare funzione intestinale al fine di evitare spinte eccessive e prolungate con effetto negativo sul sistema muscolofasciale e nervoso del pavimento pelvico. Infine il fumo, seppur di per sé non costituisca una causa di incontinenza, provocando un incremento degli episodi di tosse può mettere maggiormente in evidenza una incontinenza da sforzo.

Quali possono essere le cause dell’incontinenza urinaria?
La donna si presenta maggiormente a rischio di incontinenza sia in relazione a fattori anatomici quali una uretra più corta di quella maschile, sia perché la vita della donna è caratterizzata da due eventi fisiologici che però sono chiamati in causa nella genesi della incontinenza: la gravidanza e il parto, poiché una fase espulsiva del feto particolarmente difficile e prolungata può portare ad uno stiramento eccessivo dei muscoli del pavimento pelvico e del sistema fasciolegamentoso che sostengono la vescica, e la menopausa e l’invecchiamento in cui il crollo degli estrogeni può portare ad alterazioni sia a livello delle strutture urogenitali che dei muscoli del pavimento pelvico, sede dei recettori ormonali.

Ed i meccanismi che la ingenerano?
La vescica è un piccolo serbatoio che svolge due funzioni: quella di immagazzinare l’urina proveniente dai reni e dall’uretere e quella di espellerla all’esterno in risposta ad uno stimolo. I meccanismi che possono inceppare la dinamica dell’immagazzinamento si possono suddividere in due grossi gruppi: una riduzione delle resistenze uretrali, ed in questo se si scompensa il sistema la donna è più svantaggiata poiché ha una uretra più corta, o un aumento delle pressioni vescicali, quali quelle date da contrazioni della vescica che si manifestano anche quando la donna non desidera mingere e che non riesce ad inibire.

Quali ripercussioni si possono avere sulla vita sociale o di coppia?
L’incontinenza, specie nella forma severa, influenza la qualità e lo stile di vita. Spesso, se non curata costringe chi ne è affetto a limitare gli spostamenti quotidiani a luoghi in cui siano facilmente disponibili servizi igienici, a ridurre l’assunzione di liquidi, a indossare pannoloni e assorbenti, fino a ripercussioni anche sull’intimità sessuale. Tuttavia la gestione di tutte le implicazioni connesse ha una variabilità individuale.

Nelle forme più comuni il primo trattamento è la riabilitazione della muscolatura pelvica. In che cosa consiste?
Consiste nella presa di coscienza e nel miglioramento dell’attività del pavimento pelvico e delle strutture ad esso correlate. Il maggiore aiuto, soprattutto se l’incontinenza viene seguita fin dal suo esordio, deriva dalla chinesiterapia, ossia da sedute riabilitative nelle quali vengono insegnati alla donna esercizi utili a controllare e stimolare le funzionalità di tutto il distretto pelviperineale, correlandolo alla respirazione ed alle diverse situazioni di posture e dinamica corporea. La riabilitazione della muscolatura tramite chiensiterapia può essere affiancata anche dall’utilizzo del biofeedback che permette alla donna l’acquisizione di una percezione maggiore dei muscoli pelvici visualizzando i loro movimenti su di un monitor e infine dall’elettrostimolazione, cioè l’applicazione di stimoli elettrici tramite piccoli elettrodi che possono essere inseriti in una sonda vaginale e che aiutano a far percepire meglio e migliorare i movimenti dei muscoli pelvici.

Si tratta di un rimedio temporaneo o risolutivo?
La riabilitazione può dare risultati completi o contribuire al miglioramento del disturbo. Ciò che diventa importante è il mantenimento di quanto conseguito, spesso correlato all’impegno della donna la quale col tempo dovrebbe imparare, anziché a dedicare agli esercizi di riabilitazione momenti specifici della giornata, ad integrarli naturalmente nella vita quotidiana.

Quando invece si ricorre ai farmaci?
Occorre fare un distinguo sul tipo di incontinenza. In caso di iperattività vescicale, che si manifesta con incontinenza da urgenza, è possibile ottenere dei risultati significativi con i farmaci che appartengono alla categoria degli anti-muscarinici. Il panorama farmacologico è invece meno ampio e meno soddisfacente nel caso della incontinenza da sforzo.

Non ultimo, esiste la chirurgia. In che cosa consiste l’intervento ed in quale condizioni viene proposto?
In caso di incontinenza da sforzo è ora possibile attuare una chirurgia mini-invasiva che si presenta efficace e ha soppiantato le tecniche di colposospensione. Attualmente la terapia si basa sull’utilizzo di benderelle sottouretrali che sostengono l’uretra durante gli aumenti di pressione addominale senza comprimerla. E’ possibile anche utilizzare degli agenti volumizzanti, come ad esempio la bulking therapy che consiste nell’introduzione nella parete dell’uretra di prodotti che ne aumentano lo spessore oppure nell’utilizzo di dispositivi che a livello extra uretrale comprimono l’uretra. Solo in casi di incontinenza da sforzo grave è talora proponibile l’applicazione di sfinteri artificiali. Per l’incontinenza da urgenza le tecniche sono completamente diverse e in caso di mancata risposta alle terapie conservative e farmacologiche si potrà valutare un intervento di neuromodulazione sacrale che prevede l’impianto di un elettrodo a livello di un nervo sacrale, stimolato da un piccolo apparecchio, simile ad un pace-maker, intascato a livello sottocutaneo.

Che cosa consiglierebbe alla donna per affrontare meglio, soprattutto da un punto di vista psicologico, questa patologia?
Sicuramente di affrontarla. Innanzitutto acquisendo la consapevolezza che esistono soluzioni e trattamenti adeguati ed efficaci per la risoluzione o il miglioramento di questa patologia. L’invito è dunque di rivolgersi al medico, vincendo e superando quei tabù che ancora trattengono la donna dal parlarne liberamente. E in secondo luogo ad utilizzare degli ausili adeguati, quindi l’adozione di assorbenti oggi dotati anche di una tecnologia innovativa catturaodori, che consentono di evitare imbarazzi e migliorare la qualità di vita.

Francesca Morelli

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