Le macchie della pelle

6 Lug 2010

Professor Lotti, che cosa sono le macchie della pelle?

Le “discromie” o “macchie” della pelle indicano una modificazione circoscritta o diffusa del normale colorito cutaneo. Il colore della cute dipende soprattutto da un pigmento chiamato melanina, che è responsabile dei cinque colori base della pelle e dei capelli: nero, bruno, rosso, giallo, bianco (assenza di melanina). Altre due sostanze che contribuiscono al colorito cutaneo sono l’emoglobina ed i carotenoidi, pigmenti gialli prodotti dalle piante che si accumulano nell’epidermide e nel tessuto sottocutaneo. Nella maggior parte dei casi però, le modificazioni del colore della pelle sono legate ad una alterata distribuzione della pigmentazione melanica e possono essere così accademicamente suddivise in due grandi gruppi:

  • ipermelanosi o ipercromie caratterizzate da un incremento della melanina della cute;
  • ipomelanosi con riduzione o assenza del pigmento dalla cute che appare più chiara rispetto alla cute normale.

Le ipermelanosi, le macchie della pelle più comuni, sono di norma localizzate in specifiche zone cutanee o diffuse e possono essere dovute sia ad un aumento del numero dei melanociti (cellule che producono la melanina) sia ad aumento della melanina prodotta (pigmento scuro prodotto dai melanociti) con normale numero dei melanociti.

Quali sono i fattori scatenanti?

Le cause delle ipermelanosi possono essere sia di natura genetica che ambientale. I fattori scatenanti più frequenti sono l’esposizione ai raggi ultravioletti (sia solari sia da sorgenti artificiali); l’assunzione di farmaci fotosensibilizzanti o fototossici; l’applicazione di cosmetici, profumi o cerette che generano in soggetti predisposti una iperpigmentazione post-infiammatoria; fattori ormonali, in particolare gli ormoni estrogeni e soprattutto il progesterone o disfunzioni di natura metabolica.

Le ipermelanosi possono comparire anche al volto?

Assolutamente sì. Le ipermelanosi più comuni che possono comparire al volto sono le lentigo senili ossia delle macchie color bruno, spesso di forma rotondeggiante, che compaiono dopo i 40 anni legate ad una fotoesposizione cronica; le lentiggini, piccole macule bruno giallastre o nerastre (più scure rispetto alle efelidi) non indotte dalle radiazioni UV (diversamente dalle efelidi) o il melasma, che si presenta con macchie brune non perfettamente simmetriche che interessano solitamente la regione centrofacciale prevalentemente il labbro superiore, gli zigomi e la fronte, talvolta naso e mento, molto spesso associate a gravidanza.

Chi è più frequentemente colpito da ipermelanosi?

L’ipermelanosi colpisce più frequentemente le donne in età feconda, poiché gli ormoni estrogeni e il progesterone giocano un ruolo importante in questa patologia. Non è dunque un caso che la maggior parte delle diagnosi di ipermelanosi avvenga in donne in terapia ormonale a scopo terapeutico o contraccettivo o nelle donne in gravidanza per le quali, in questo caso, si parla di “Melasma gravidico” o “Cloasma”.

Qual è la prima cosa da fare?

La complessità delle cause delle “macchie” della pelle implica la necessità di eseguire una corretta diagnosi in quanto solo determinando la causa specifica, si può intraprendere la cura più adeguata ed efficace. Fondamentale è la visita dermatologica: lo specialista, dopo un attento esame clinico delle lesioni, dovrà individuare la profondità della disposizione del pigmento, in quanto ciò costituisce la base per impostare la terapia più idonea alla sua eventuale rimozione. Discriminante è l’ausilio di una ”lampada di Wood” (sorgente ad onde ultraviolette lunghe) che permette di valutare la localizzazione dell’accumulo di pigmento. Generalmente le “macchie marroni o nere” presentano tale accumulo più superficialmente, cioè a livello dell’epidermide, mentre le “macchie grigio bluastre” sono dovute ad una disposizione più profonda del pigmento a livello del derma. Maggiore è la profondità del pigmento, tanto più sarà difficoltosa l’eliminazione della macchia.

Come si può intervenire sulle macchie della pelle?

Il trattamento delle macchie cutanee è assolutamente legato all’adozione di misure preventive atte ad evitarne la comparsa o la loro accentuazione. Per cui la prima terapia è l’eliminazione delle cause scatenanti. E’ quindi necessario utilizzare schermi solari con protezioni alte anche durante i mesi invernali ed evitare, quando possibile, terapie ormonali. La scelta del trattamento verrà valutata dallo specialista, in base alla profondità del pigmento della macchia ed alle caratteristiche individuali del paziente (colorito della pelle, dei capelli, comparsa di eritemi e predisposizione ad abbronzarsi) tenendo presente che i fototipi più alti (III e IV), cioè con pelle più scura, sono maggiormente a rischio di peggioramento delle lesioni in seguito a trattamenti troppo aggressivi.

Quali sono i trattamenti possibili?

Oggi abbiamo diverse soluzioni per schiarire le macchie della pelle. La terapia topica con creme a base di sostanze depigmentnati costituisce un trattamento efficace, in grado di garantire un buon risultato. Il peeling chimico invece è un trattamento che consiste nell’applicazione di una o più sostanze chimiche che progressivamente schiariscono la lesione attraverso un’esfoliazione più o meno marcata degli strati superficiali della pelle con stimolazione anche della componente dermica e un miglioramento generale della cute. La crioterapia utilizza azoto liquido o protossido di azoto a temperature bassissime per creare un danno epidermico a livello della lesione provocando la formazione di bolle che dopo alcuni giorni vengono eliminate portando via anche la macchia. In questo caso però vi può essere il rischio di esiti ipo-/ iper-pigmentari. La diatermocoagulazione a radiofrequenza è uno strumento elettrico che emana microonde ad alta frequenza, capaci di bruciare la pelle. Quando viene trattata la lesione, la parte superficiale della cute viene eliminata e con essa anche la macchia. Abbiamo poi la terapia laser, sicuramente più selettiva, il cui bersaglio è il pigmento melanina. È un trattamento indicato in tutte le ipermelanosi epidermiche con minor rischio di esiti post-trattamento. La luce pulsata infine è una nuova tecnologia molto selettiva, che si differenzia dalla luce laser, poiché si tratta di una luce non coerente con lunghezza d’onda variabile tra 515 a 1200 nm, quindi adattabile al bersaglio. Il trattamento richiede comunque sedute multiple.

Esiste una sorta di terapia “domiciliare”?

Tutti coloro che soffrono di ipermelanosi possono certamente adottare delle precauzioni per tentare di arginare questo problema di natura prettamente estetica. Ad esempio l’uso costante di creme con filtri solari (UVA tutto l’anno ed UVA-UVB nei mesi estivi), risulta indispensabile per prevenirne l’insorgenza e/o per ridurne la comparsa. Il filtro solare ideale deve innanzitutto essere ben tollerato, non tossico, resistente all’acqua, con alto fattore di protezione e soprattutto deve avere un effetto di fotoimmunoprotezione e buona attività antiossidante. E’ molto utile anche una terapia orale che possa incrementare la tolleranza al sole e ridurre il rischio di eritema solare, limitando l’azione solare dannosa, proteggendo la pelle grazie all’effetto immunoprotettore. Infine, si rivela molto utile l’applicazione costante di prodotti ad uso topico – come ad esempio creme, maschere, sieri…. – con effetto schiarente che contengano idrochinone, acido retinioco, acido cogico, azelaico, fitico……..ed altre sostanze che possono essere prescritte dallo specialista in base all’indicazione specifica.

E tra le forme di ipomelanosi, qual è la più comune?

L’ipomelanosi più comune è, senza dubbio, la vitiligine caratterizzata proprio da chiazze chiare dovute alla distruzione o alla mancata attivazione dei melanociti nella cute. La vitiligine è geneticamente determinata in più di 1/3 dei casi. I due sessi sono colpiti nella medesima percentuale e può insorgere a qualunque età, anche se si presenta più frequentemente nel giovane adulto (seconda e terza decade di vita).

Una terapia per la vitiligine?

Fino a non molti anni fa, la terapia della vitiligine si basava essenzialmente sull’uso di corticosteroidi e irradiazioni con raggi ultravioletti A e B ad alte dosi, associate alla somministrazione di farmaci fotosensibilizzanti. Oggi è possibile ricorrere alla microfototerapia che utilizza una apparecchiatura innovativa, in grado di emettere un fascio di luce fredda filtrato, applicato esclusivamente sulle aree da trattare, in grado di riattivare i melanociti e la produzione di melanina all’interno delle lesioni. Prima della terapia, che nel 72% dei casi produce ottimi risultati con la scomparsa delle ipopigmentazioni, si esegue un test di reattività cutanea e si verifica la disposizione delle aree affette da vitiligine, al fine di programmare il trattamento più idoneo. La terapia può essere eseguita anche su zone particolarmente delicate (palpebre, seno, genitali) e si effettua ogni 3 settimane per un periodo variabile di 9-12 mesi. Nei casi in cui questa metodica non desse i risultati sperati, si può eseguire l’autotrapianto dei melanociti, impiegando tecniche che in mani esperte risultano essere efficaci, semplici ed affidabili.

Francesca Morelli

Sostieni la salute della donna!