Lo scompenso cardiaco

26 Set 2017

Lo scompenso cardiaco è una condizione clinica complessa, caratterizzata dalla difficoltà da parte del cuore a svolgere adeguatamente la sua funzione di pompa. È in genere l’evoluzione finale di molte malattie cardiache, le più comuni sono l’infarto del miocardio e l’ipertensione arteriosa.

Circa la metà dei pazienti affetti da scompenso cardiaco sono di sesso femminile e la malattia è responsabile del 35% dei decessi per malattie cardiovascolari nelle donne in tutte le classi d’età.

Ne parliamo con la Dottoressa Angela Beatrice Scardovi, specialista in Cardiologia presso l’Ospedale S. Spirito di Roma, che da vent’anni si occupa di scompenso cardiaco e dal 2010 coordina i programmi di continuità assistenziale nell’ambito dello scompenso cardiaco tra ospedale e territorio della ASL ROMA 1.

 

Il cuore della donna è protetto dagli estrogeni per tutta la stagione fertile. In che modo?

Gli steroidi sessuali e i loro recettori sono i determinanti fondamentali delle differenze di genere nel sistema cardiovascolare. La funzionalità degli estrogeni di origine ovarica o surrenalica e dei loro recettori è essenziale per il mantenimento di una normale funzionalità dell’endotelio vasale. Le alterazioni del profilo lipidico che contribuiscono allo sviluppo dell’aterosclerosi sono regolate dagli steroidi sessuali, che modulano il metabolismo epatico delle lipoproteine. Gli ormoni sessuali sembrano influire anche sulla struttura e sulla funzione miocardica: nel modello animale gli estrogeni esogeni migliorano la funzione cardiaca mentre gli androgeni la deprimono, e il cuore femminile presenta una contrattilità maggiore di quello maschile. La presenza di estrogeni inoltre sembra ritardare la deposizione di collagene nella matrice extracellulare. Con l’invecchiamento la massa miocardica è maggiormente conservata nelle donne rispetto all’uomo, per effetti specifici antiapoptotici dei recettori estrogenici e/o una diversa espressione miocardica di enzimi glicolitici e mitocondriali. Anche la coagulazione e l’emostasi sono diverse tra i due sessi nell’età adulta. Il collegamento tra estrogeni e scompenso cardiaco è ormai ben noto: gli estrogeni avrebbero un ruolo protettivo sul miocardio e sull’endotelio, riducendo massa, fibrosi e livelli di renina, rallentando  lo sviluppo di ipertrofia e favorendo la vasodilatazione, effetti opposti a quelli  degli androgeni.

 

Tutte le donne fertili sono protette o c’è qualche categoria a rischio?

I fattori di rischio per lo scompenso cardiaco sono simili nei due sessi, ma i rischi relativi sono differenti.

Per quanto riguarda la malattia coronarica come causa di scompenso è senza dubbio meno frequente nelle donne in età fertile che negli uomini ma è un importante fattore di rischio. Infatti le donne con cardiopatia ischemica hanno più probabilità di sviluppare scompenso rispetto a quelle affette solamente da ipertensione arteriosa e la cardiomiopatia ad eziologia ischemica ha senza dubbio una prognosi peggiore rispetto alla non-ischemica.

La donna   obesa, anche se giovane,  è a maggior rischio del maschio di andare incontro a scompenso cardiaco, specie se l’obesità è concomitante ad una sindrome metabolica.

Il diabete mellito è il più forte fattore predittivo di scompenso cardiaco in particolare, ma non solo,  dopo la menopausa in soggetti coronaropatici e l’incidenza di disfunzione ventricolare  in giovani donne  diabetiche  è doppia rispetto ai maschi. Per il genere femminile rappresenta  il fattore di rischio più importante aumentando di  2-4 volte la probabilità di sviluppare la malattia e annullando il beneficio dovuto al ruolo protettivo degli estrogeni. Il diabete  mellito è sicuramente correlato allo scompenso sia attraverso lo sviluppo di aterosclerosi coronarica,  ma soprattutto favorendo lo sviluppo di cardiomiopatia diabetica non dipendente dall’ischemia,  dovuta ad una serie di insulti che vanno da quello microvascolare a quello dell’aumento della fibrosi miocardica. Questi meccanismi  favoriscono l’instaurarsi di  una disfunzione sisto/diastolica del ventricolo sinistro indipendente dalla coronaropatia. In genere le donne più colpite sono quelle che hanno una più lunga storia di diabete, che causa  una disfunzione prevalentemente diastolica del ventricolo sinistro e una prognosi peggiore rispetto alle donne non diabetiche

Dallo studio Framingham è emerso poi che  l’ipertensione arteriosa è responsabile  del 59% dello scompenso cardiaco nelle donne contro il 39% degli uomini

Inoltre le problematiche cardiologiche correlate alla gravidanza non sono rare e diventeranno più frequenti con l’incremento dell’età materna alla gestazione, una tendenza molto comune nei paesi industrializzati e particolarmente in Italia. Fattori di rischio come il diabete e l’ipertensione, la preeclampsia e l’eclampsia, rappresentano minacce rilevanti per gli esiti della gravidanza nonché per la salute della madre dopo il parto, aumentando il rischio di eventi cardiovascolari precoci nel follow-up. Un esempio, seppure piuttosto raro in Europa, è la miocardiopatia peripartum che può insorgere verso la fine della gravidanza o nei primi mesi dopo il parto. L’esordio può essere subdolo e i sintomi confusi con quelli di una normale gravidanza a termine o  tipici del puerperio ( astenia, dispnea, edemi declivi ) oppure drammatico con shock cardiogeno. In questi casi una diagnosi tempestiva ed un trattamento adeguato sono di fondamentale importanza per condizionare positivamente la prognosi e per contrastare lo sviluppo di una disfunzione cardiaca permanente e  dello scompenso cardiaco cronico. Di completo appannaggio del genere femminile è anche  lo scompenso secondario a trattamento chemioterapico cardiotossico per cancro della mammella, patologia che purtroppo, non raramente, colpisce anche donne in età fertile.

 

Cosa succede con la menopausa e quindi con la caduta dell’ “ombrello estrogenico?

La caduta dell’“ombrello estrogenico “ che avviene con la menopausa  favorisce lo sviluppo di aterosclerosi. In particolare si verifica un’alterazione in senso sfavorevole del profilo lipidico che può associarsi ad  una ridotta sensibilità all’insulina, fattore che  favorisce lo  sviluppo di  diabete mellito. Il quadro ormonale della menopausa  si associa,  inoltre, ad una tendenza all’aumento della pressione arteriosa e del peso corporeo. Caratteristico è poi il deterioramento della funzione endoteliale che  inizia  rapidamente a partire dall’insorgenza della menopausa a causa della carenza di estrogeni e del loro ruolo protettivo comportando  vasocostrizione, rilascio di aldosterone, ritenzione idrica, iperplasia cellulare.

 

In che cosa consiste lo scompenso cardiaco?

Lo scompenso cardiaco è una condizione clinica complessa caratterizzata dalla difficoltà del cuore a svolgere la sua normale funzione meccanica che consiste nel riempirsi di sangue e nel pomparlo in periferia, distribuendo ossigeno e sostanze nutritive a tutti gli organi. Si tratta di  una malattia cronica, caratterizzata da elevata mortalità e da un andamento costellato da ricoveri ospedalieri ripetuti per cui il follow-up e il  trattamento devono essere proseguiti per tutta la vita con modalità estremamente personalizzate a seconda dei casi .

Lo scompenso può essere dovuto ad  una riduzione della contrattilità cardiaca, associata o meno a dilatazione dei ventricoli, che si evidenzia attraverso l’ecocardiogramma con una riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro al di sotto del 50% (disfunzione sistolica). Esistono poi forme di scompenso (generalmente più caratteristiche dei soggetti anziani) in cui la frazione di eiezione del ventricolo sinistro è normale o solo lievemente ridotta ma vi è un aumento delle pressioni di riempimento  (scompenso cardiaco con funzione sistolica preservata).

Per quanto riguarda l’eziologia una grande suddivisione è rappresentata dallo scompenso ad eziologia ischemica o non ischemica. I fattori predisponenti più comuni sono: ipertensione arteriosa, malattia coronarica (in particolare pregresso infarto del miocardio, diabete mellito, obesità, pregressa miocardite, pregressa assunzione di farmaci cardiotossici, abuso di alcool, uso di cocaina, anamnesi positiva per febbre reumatica, valvulopatia, anamnesi familiare di miocardiopatia). Le cause dell’ incremento dell’incidenza dello scompenso, cioè dei nuovi casi, possono individuarsi nell’invecchiamento della popolazione generale, nella riduzione della mortalità nelle fasi acute dell’infarto miocardio, nell’aumento della prevalenza di condizioni cliniche predisponenti.

 

Quali sono le differenze dello scompenso cardiaco nella donna rispetto all’uomo?

Per lungo tempo è stata opinione comune che le malattie cardiovascolari, e in particolare lo scompenso cardiaco, fossero un problema tipicamente maschile o, comunque, che interessassero le donne nelle stesse modalità e da curare quindi come negli uomini. Oggi  sappiamo che sono necessari studi finalizzati a comprendere meglio la specificità dello scompenso cardiaco nelle donne e trattamenti più mirati per migliorare l’assistenza e la prognosi.
Infatti le donne sono colpite da scompenso cardiaco con intensità e gravità talora superiori all’uomo. Eppure spesso la diagnosi arriva in ritardo: i sintomi di insufficienza cardiaca nelle donne possono essere non specifici e spesso possono essere scambiati per problemi respiratori o di poca rilevanza. Una scarsa conoscenza della prevalenza dell’insufficienza cardiaca nelle donne può contribuire alla mancata diagnosi, poiché i medici non sempre pensano allo scompenso come prima opzione quando si effettua una diagnosi differenziale e,  anche quando lo fanno, alle pazienti spesso non vengono  offerte terapie avanzate nelle fasi iniziali della malattia quando l’impatto prognostico è maggiore. L’epidemiologia  e il fenotipo della malattia cardiovascolare nella donna riflettono le numerose diversità che  qualificano i due generi in parte legate a problemi naturali  in parte dovute ad una minore considerazione che la donna riceve sia nell’ambito della  ricerca che nell’assistenza. Nei gradi studi la percentuale di donne arruolate arriva al massimo al 40%, attestandosi molto spesso su numeri inferiori al 20%, il che significa che la maggior parte della medicina basata sull’evidenza è costruita sul genere maschile. Che si tratti di una palese ingiustizia è dimostrato dal fatto che solo in Italia  muoiono circa 120.000 donne l’anno per malattie cardiovascolari e che nel mondo reale  circa  la metà dei pazienti affetti da scompenso cardiaco sono di sesso femminile. In Europa le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte nelle donne con una percentuale significativamente superiore a quella raggiunta nella popolazione maschile (45% verso il 38%). Tale percentuale è maggiore rispetto a quella dovuta ai tumori, che è pari al 24%, e la  sopravvivenza delle donne con insufficienza cardiaca è peggiore se confrontata a quella del cancro della mammella e del colon, anche se  migliore rispetto al cancro del polmone e dell’ovaio. Lo scompenso cardiaco  è  responsabile del 35% dei decessi per malattie cardiovascolari nelle donne in tutte le classi d’età.  Inoltre la prevalenza della malattia  è maggiore nelle donne ultra-79enni rispetto agli uomini nella stessa fascia di età;  l’incidenza di scompenso cardiaco  con funzione sistolica conservata è doppia rispetto alla popolazione maschile, con tutte le ambiguità e le incertezze clinico-terapeutiche che questo comporta. Dal punto di vista delle comorbilità che si accompagnano allo scompenso cardiaco, anche con valore eziologico,  nelle donne troviamo l’ipertensione arteriosa, il distiroidismo, la depressione, la fibrillazione atriale. Negli uomini, invece, prevalgono la malattia aterosclerotica sia coronarica che periferica, la broncopneumopatia cronica ostruttiva e l’insufficienza renale, delineando diversi profili internistici tra i due sessi. Per quanto riguarda la fibrillazione atriale nella donna anziana comporta  un rischio trombo-embolico più elevato rispetto agli uomini coetanei.

Profonde differenze esistono nella fisiopatologia dell’insufficienza cardiaca tra donne e uomini. Le donne hanno una frazione di eiezione del ventricolo sinistro più alta, una maggiore quota d’ipertrofia, una maggiore compromissione della funzione e perdita della riserva diastolica,  un aumento della rigidità delle grandi arterie. Differente è poi il  tipo di  rimodellamento cardiaco negli stati di  sovraccarico sistolico. La donna ha un cuore più piccolo fin dalla nascita con dei miociti caratterizzati da un  volume basale inferiore rispetto a quello degli uomini  che  aumenta maggiormente, ritardando la  progressione verso la dilatazione; inoltre sono meno soggette a  fenomeni di fibrosi, apoptosi e necrosi dei miociti. Diversa, in linea generale, è  la modalità maschile e quella femminile di rimodellamento  del cuore scompensato: il modello dilatativo-ipocinetico è più tipico del maschio, mentre la modalità femminile prevalente si caratterizza per una camera ventricolare piccola o conservata, con maggiore  quota d’ipertrofia e aumento delle pressioni di riempimento. Le donne sviluppano  lo scompenso cardiaco più tardi nel corso della vita, con una migliore contrattilità del ventricolo sinistro e più frequentemente con funzione sistolica conservata.

 

Esistono fattori di rischio “al femminile” per lo scompenso cardiaco?

Dallo studio Framingham  è emerso anche  che  l’ipertensione arteriosa è responsabile  del 59% dello scompenso cardiaco nelle donne contro il 39% degli uomini. Inoltre più donne che uomini con scompenso avrebbero malattie valvolari e la cardiomiopatia dilatativa primitiva è meno frequente nel sesso femminile . Del ruolo del diabete mellito, dell’obesità, della chemioterapia per il cancro della mammella e del rischio di sviluppare lo scompenso cardiaco in gravidanza o nel puerperio abbiamo già parlato.

Anche la cardiomiopatia “Tako- tsubo” è di appannaggio quasi esclusivamente femminile, considerando che colpisce nel 90% dei casi donne di età > 50 anni. Sappiamo che è una sindrome che simula l’infarto del miocardio, caratterizzandosi per  una discinesia transitoria dell’apice  ventricolare  sinistro,  alterazioni elettrocardiografiche ed enzimatiche simili a quelle dell’infarto ma in assenza di coronaropatia. Verosimilmente è provocata da uno spasmo coronarico indotto da aumentato rilascio di catecolamine . Poiché all’incirca il  90%  dei soggetti colpiti da questa forma di cardiomiopatia sono donne e  generalmente di età superiore a 50 anni, si suppone che la malattia sia secondaria a una disfunzione endoteliale secondaria a  ridotti livelli di estrogeni durante la menopausa. Infatti gli ormoni sessuali femminili influenzano  positivamente l’asse neuro-simpatico e  la vasoreattività coronarica. I meccanismi responsabili di questa sindrome in realtà non sono completamente conosciuti,  ma potrebbero almeno in parte essere riconducibili ad un aumento della vasoreattività coronarica dovuta a carenza di ormoni sessuali femminili, che causerebbe una disfunzione dell’asse neuro-simpatico.

 

Quali sono i campanelli d’allarme?

I sintomi classici di scompenso cardiaco  sono dovuti alla riduzione di potenza del cuore nel pompare il sangue e al ristagno di liquidi in alcuni organi  (polmoni, fegato, ecc):   debolezza, disturbi respiratori che compaiono a riposo o per sforzi che in precedenza venivano ben tollerati come le normali attività quotidiane, edemi degli arti inferiori, aumento di volume dell’addome associato a disturbi digestivi, aumento brusco del peso corporeo non legato ad un aumento dell’introito calorico, contrazione della diuresi, dolori toracici, palpitazioni, vertigini. Nei soggetti più anziani possono comparire confusione mentale, disturbi del sonno, della memoria e del comportamento, decadimento delle facoltà cognitive. I sintomi possono insorgere gradualmente, in maniera subdola, aggravandosi nel tempo, oppure l’esordio può essere brusco e drammatico come la comparsa di edema polmonare acuto. I sintomi possono essere assenti nella cosiddetta fase pre-clinica della malattia che può essere individuata solo casualmente oppure approfondendo le indagini nei soggetti a rischio (reduci da un infarto del miocardio, affetti da ipertensione arteriosa e/ o da insufficienza renale, anziani, diabetici, ecc). La  diagnosi precoce in questa fase è estremamente utile poiché permette di  mettere in atto tutti i provvedimenti clinico-terapeutici indicati per rallentare la progressione verso lo scompenso cardiaco conclamato e di migliorare in modo incisivo la prognosi. La diagnosi  è essenzialmente clinica supportata da vari strumenti quali: la radiografia del torace, l’elettrocardiogramma, l’ecocardiogramma, il dosaggio ematico del BNP (o del NT- proBNP),  un ormone prodotto dalle cellule miocardiche che aumenta precocemente in caso di disfunzione cardiaca,e  che, dato il suo alto valore predittivo negativo, rappresenta uno mezzo molto utile, veloce e relativamente economico per escludere la presenza di scompenso cardiaco.

 

Ci sono delle strategie preventive da adottare precocemente per ridurre il rischio di scompenso cardiaco?

Senza dubbio il trattamento dei fattori di rischio correggibili, sia legati allo stile di vita (sospensione del fumo, modifica della dieta, riduzione del peso corporeo ) sia al trattamento adeguato dell’ipertensione arteriosa, del diabete mellito, dell’ipercolesterolemia che hanno effetto di ridurre anche l’incidenza di cardiopatia ischemica. Se sulla familiarità per malattie cardiovascolari non si può incidere è comunque vero che l’esercizio fisico regolare, anche moderato ma costante, aiuta nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiovascolari in generale e quindi anche nello scompenso cardiaco.

 

Esiste una correlazione tra scompenso cardiaco e depressione?

Non e’ ancora stata dimostrata chiaramente. È comunque un dato di fatto che le donne affette da scompenso cardiaco sono affette più frequentemente da depressione rispetto agli uomini, anche in relazione alla perdita della centralità del ruolo in famiglia a causa della malattia.

 

Le donne affette da tumore alla mammella sono maggiormente esposte al rischio di scompenso cardiaco, perché?

Esiste una forma di scompenso cardiaco secondario a trattamento chemioterapico cardiotossico per cancro della mammella con antracicline e  trastuzumab, il cui rischio è dose-dipendente ed aumenta esponenzialmente se i due tipi di trattamento sono combinati. Lo scompenso cardiaco può svilupparsi anche dopo anni che è stata sospesa la terapia.

Negli anni si è comunque prestata molta attenzione nell’elaborare schemi di trattamento che prevedano dosaggi minimi efficaci e combinazioni di farmaci adeguate. D’altra parte anche la radioterapia, in particolare quella effettuata con la strumentazione di qualche anno fa specie se mirata al torace, ha un effetto di promozione dell’aterosclerosi e di sviluppo di malattia coronarica. Il miglioramento della prognosi delle pazienti affette da cancro della mammella  e la lunga aspettativa di vita delle donne in genere, sono destinati ad ampliare la platea delle pazienti a rischio di sviluppare manifestazioni cliniche conseguenti alla cardiotossicità dei trattamenti antitumorali, in particolare degli anticorpi monoclonali diretti contro i recettori HER2. Queste situazioni rappresentano nuove sfide per il cardiologo, che deve affrontarle con un approccio multidisciplinare con i ginecologi e gli oncologi. Per questo motivo si sta formando una popolazione di cardiologi dedicati alla cardioncologia, esperti degli effetti collaterali cardiologici delle varie terapie oncologiche e consapevoli dell’importanza di un follow-up scrupoloso e cadenzato nel tempo e del ruolo delle misure preventive.

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