Piemonte. Dieci anni di RU486 al Sant’Anna di Torino. Sino a oggi ne hanno usufruito 7.311 donne

15 Set 2015

L’ospedale piemontese fu il primo in Italia ad avviare, tra molte polemiche, la sperimentazione del farmaco abortivo poi regolarmente autorizzato nel 2010. Nel giugno scorso, su richiesta dei medici dell’ospedale Sant’Anna ha fatto formale richiesta all’Aifa di adeguare i protocolli italiani a quelli europei dell’Ema. Obiettivo: estendere da 7 a 9 settimane il limite per l’aborto medico e rimuovere la previsione di ricovero per 3 giorni.

Dieci anni fa, il 9 settembre 2005, l’ospedale Sant’Anna annunciava di avere attivato lo Studio Sperimentale Clinico “IVG con mifepristone (RU486) e misoprostolo”. La prima donna aveva assunto il mifepristone (RU486) il 6 setembre ed il ciclo di trattamento si era concluso l’8 settembre. Subito il ministro Francesco Storace dichiarò che avrebbe inviato gli ispettori e bloccato tutto. La sperimentazione fu fermata dopo 26 casi, ma fu poi ripresa a novembre, e fu definitivamente interrotta nel luglio del 2006 dopo 362 casi.

L’anno successivo, nel 2007, la Exelgyn presentava la pratica di registrazione all’Aifa, che si concluse due anni dopo, nel dicembre del 2009, ma il farmaco divenne disponibile solo nell’aprile del 2010. Nel frattempo, nel gennaio 2009, la Magistratura aveva archiviato il procedimento penale contro il dottor Silvio Viale, il professor Mario Campogrande, il professor Marco Massobrio ed il Direttore generale dell’Azienda dottor Gianluigi Boveri. Nel frattempo il dottor Franco Mascherpa era deceduto nel 2007.

Oggi all’ospedale Sant’Anna l’utilizzo della RU486 è ormai consolidato. Nel giugno scorso, su richiesta dei medici dell’ospedale Sant’Anna, l’Azienda ospedaliero – universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino ha fatto formale richiesta all’Aifa di adeguare i protocolli italiani a quelli europei dell’Ema. Obiettivo: estendere da 49 a 63 giorni (da 7 a 9 settimane) il limite per l’aborto medico e rimuovere la previsione di ricovero per 3 giorni.

Silvio Viale, responsabile del Servizio Unificato di Ivg, ha fatto il punto, sintetizzando i dati:  “Al 31 agosto 7.311 donne hanno usufruito della Ru486 presso l’ospedale Sant’Anna, primo in Italia. Dal 2010 gli aborti chirurgici sono calati del 38%, permettendo il dimezzamento delle sedute operatorie”. Nel 2015 il 42% degli aborti è stato praticato con l’ausilio della RU486.

La RU486 è utilizzata non solo per l’IVG medica fino a 49 giorni e per le ITG del secondo trimestre, ma anche per l’aborto interno e le morti endouterine (vedere tabella). Per gli aborti interni il protocollo è lo stesso delle IVG. Per quanto riguarda le IVG fino a 49 giorni e gli aborti interni, complessivamente, il 99% delle donne non è stata ricoverata per tre giorni ed ha potuto lasciare l’ospedale tra la somministrazione del mifepristone e quella della prostaglandina due giorni dopo.

Nel tempo tale percentuale è diventata prossima al 100% e negli ultimi tre anni solo 4 donne su 3.217 sono rimaste ricoverate. Il tasso di RCU (raschiamenti) è calato nel tempo dal 7,2% della sperimentazione e del 2010 al 2,6% del 2015, segno di una maggiore sicurezza degli operatori. Complessivamente su 6030 casi il tasso di RCU è stato del 3,7% ed in soli 5 casi si è resa necessaria una trasfusione (0,08%). L’introduzione dell’aborto medico ha comportato un risparmio di 3 milioni di euro in Drg.

“A 5 anni dalla registrazione del mifepristone, – dichiara Viale – l’esperienza maturata ci ha indotti a chiedere all’Aifa di fare quello che un atteggiamento “prudenziale”, forse condizionato dalle polemiche, non gli aveva consentito di fare. In particolare si tratta di estendere a 9 settimane (63 giorni) il limite di riferimento per l’aborto medico e di rimuovere la prescrizione del ricovero di tre giorni”.

L’articolo su Quotidiano Sanità

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