Rapporto della Cattolica “Osservasalute”. Per la prima volta cala aspettativa di vita degli italiani, si fa poca prevenzione. Scende la spesa sanitaria, posti letto e personale sotto standard

28 Apr 2016

Restiamo sempre un popolo di longevi ma l’aumento dell’aspettativa di vita subisce una battuta d’arresto. Migliorano di poco gli stili di vita ma la prevenzione resta la cenerentola del Paese: siamo tra gli ultimi a livello Ocse per investimenti. Prosegue la riduzione dei disavanzi sanitari, anche se l’equilibrio è fragile: da tagli e blocchi difficile trovare altri risparmi. E le iniquità Nord-Sud imperversano. Tutti i dati della nuova edizione del rapporto curato dal Professor Ricciardi della Cattolica

Per la prima volta in Italia è diminuita l’aspettativa di vita e tra le possibili cause c’è il mix di “tagli che hanno diminuito i servizi dati ai cittadini insieme ad una scarsa prevenzione, al calo delle vaccinazioni, ai pochi screening oncologici”. Secondo le prime stime relative al 2015, già diffuse alcune giorni fa dall’Istat, per la prima volta negli ultimi 10 anni infatti la speranza di vita alla nascita arretra, con un decremento di 0,2 punti per gli uomini (80,1) e 0,3 per le donne (84,7). Ma non ci sono solo ombre per la salute degli italiani, perché si “intravede qualche timido miglioramento negli stili di vita, per esempio si fuma meno e si riduce la sedentarietà”. Anche se nel complesso “gli italiani risultano ancora poco attenti alla propria salute e non adottano strategie preventive e stili di vita adeguati a proteggerli dalle malattie evitabili”.

Dal lato della spesa sanitaria prosegue la riduzione dei disavanzi anche se l’equilibrio è fragile, perché la “riduzione è stata conseguita in gran parte tramite il blocco o la riduzione del personale sanitario e il contenimento dei consumi sanitari”. E in questo senso le disuguaglianze Nord-Sud continuano ad essere presenti.
È questa in estrema sintesi la situazione che emerge dalla XIII edizione del Rapporto Osservasalute (2015), un’approfondita analisi dello stato di salute della popolazione e della qualità dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane presentata oggi a Roma all’Università Cattolica. Pubblicato dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane che ha sede presso l’Università Cattolica di Roma e coordinato dal Professor Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, e dal dottor Alessandro Solipaca, Segretario Scientifico dell’Osservatorio.
A confermare la possibile correlazione tra calo dell’aspettativa di vita e i tagli e la poca prevenzione è il presidente Ricciardi che ai giornalisti ha risposto: “Certo che c’è. I tagli hanno diminuito i servizi dati ai cittadini e questo può aver contribuito insieme ad una scarsa prevenzione, al calo delle vaccinazioni, e ai pochi screening oncologici”.

“Il fenomeno ha pochissimi precedenti nel mondo occidentale – ha ricordato – . In tempo di pace l’unico in un paese democratico è la Danimarca 21 anni fa e invece in un paese che veniva da un regime totalitario è la Russia post comunista che invece d’investire in prevenzione si è disgregata”.

“Noi stiamo incominciando a vedere un segnale d’allarme – ha precisato –  e speriamo che il trend possa essere immediatamente invertito. Come? Vi pare normale che siamo l’ultimo paese al mondo per la prevenzione? Queste sono le grandi sfide e il Ministro ce la mette tutta, ma noi abbiamo una sanità frammentata”.

Il Rapporto è frutto del lavoro di 180 ricercatori distribuiti su tutto il territorio italiano che operano presso Università e numerose istituzioni pubbliche nazionali, regionali e aziendali (Ministero della Salute, Istat, Istituto Superiore di Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale Tumori, Istituto Italiano di Medicina Sociale, Agenzia Italiana del Farmaco, Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie, Osservatori Epidemiologici Regionali, Agenzie Regionali e Provinciali di Sanità Pubblica, Assessorati Regionali e Provinciali alla Salute).

Tra gli elementi positivi si registra per il 2014 un calo dei fumatori di sigarette rispetto all’anno precedente e cala anche il numero medio di sigarette fumate al giorno (per quest’ultimo si registra un trend di diminuzione continuo dal 2001); nonché la prevalenza di consumatori di alcolici (63,9% vs 63,0%), mentre si registra un contemporaneo aumento della percentuale di non-consumatori (34,9% vs 35,6%). Diminuisce, inoltre, la percentuale di bambini di età 8-9 anni in eccesso ponderale: dal periodo 2008-2009 al 2014 si passa, infatti, da una quota pari al 12% dei bambini in condizioni di obesità a una di 9,8%; per il sovrappeso si passa dal 23,2% al 20,9%.

Aumentano gli sportivi: la percentuale di quanti praticano attività sportiva in modo continuativo passa dal 19,1% nel 2001 al 23% nel 2014. Cala la sedentarietà: nel 2014 i sedentari sono circa 23 milioni e 500 mila, pari al 39,9% degli italiani. Nel 2013 erano 24 milioni e 300 mila, pari al 41,2%.
Tali aspetti non devono, comunque, far abbassare la guardia sulla diffusione di interventi mirati alla prevenzione di comportamenti a rischio. Nella disamina degli stili di vita emergono, di contro, un decremento del consumo di 5 porzioni e più al giorno di Verdura, Ortaggi e Frutta (nel periodo 2005-2014 si passa dal 5,3% della popolazione al 4,9%).

Inoltre gli italiani sono sempre più grassi – nel periodo 2001-2014, è aumentata la percentuale delle persone in sovrappeso (33,9% vs 36,2%), ma soprattutto è aumentata la quota degli obesi (8,5% vs 10,2%).

Sul fronte della prevenzione, inoltre, si nota la scarsa attenzione degli italiani alle vaccinazioni. Se nel 2013, per quelle obbligatorie (Tetano, Poliomielite, Difterite ed Epatite B) si registrava il raggiungimento dell’obiettivo minimo stabilito nel vigente Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) – in accordo con le raccomandazioni dell’OMS – pari ad almeno il 95% di copertura entro i 2 anni di età, nel periodo 2013-2014 si registrano valori di copertura al di sotto dell’obiettivo minimo stabilito, pur rimanendo comunque al di sopra del 94%. Lo stesso andamento in diminuzione si evidenzia per le coperture di alcune vaccinazioni raccomandate, quali anti-Hib e Pertosse.

Quanto al vaccino antinfluenzale, è significativo il calo delle adesioni tra gli anziani, che sono peraltro proprio una delle fasce di popolazione più a rischio di complicanze dell’influenza. Negli anziani ultra 65enni la copertura antinfluenzale in nessuna regione raggiunge i valori considerati minimi (75%) e ottimali (95%) dal PNPV. Nell’arco temporale 2003-2004/2014-2015, per quanto riguarda la copertura vaccinale degli ultra 65enni, si è registrata una diminuzione a livello nazionale del 22,7%, passando dal 63,4% al 49% di questo gruppo.

La voce prevenzione risulta trascurata anche a livello di finanziamenti. Non solo il nostro Paese destina appena il 4,1% (dati dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico – OCSE) della spesa sanitaria totale alle attività di prevenzione, ma “la prevenzione risulta la funzione più sacrificata anche a livello regionale, specie laddove vi è la pressione a ridurre i deficit di bilancio. Infatti, dagli indicatori riferiti all’erogazione dei LEA emerge che le Regioni in piano di rientro non rispettano gli standard stabiliti dal Ministero della Salute per le funzioni relative alla prevenzione. In particolare nel Lazio e in Sicilia il punteggio calcolato per il monitoraggio dei LEA sull’attività di prevenzione si attesta, rispettivamente a 50 e 47,5, mentre il valore soglia stabilito dalla normativa deve essere superiore o uguale a 80. (Il Ministero per monitorare i Lea ha implementato, a partire dal 2003, un sistema di indicatori con dei punteggi. Le regioni sono adempienti se il punteggio totale supera quello minimo stabilito).

“Anche quest’anno”, avverte il professor Walter Ricciardi, “le analisi contenute nel Rapporto Osservasalute segnalano numerosi elementi di criticità, in quanto confermano il trend in diminuzione delle risorse pubbliche a disposizione per la sanità, l’aumento dell’incidenza di alcune patologie tumorali prevenibili, le esigue risorse destinate alla prevenzione e le persistenti iniquità che assillano il Paese e il settore della sanità”.

Per dare alcuni accenni, la spesa sanitaria pubblica è passata dai 112,5 miliardi di euro del 2010 ai 110,5 del 2014; tale contrazione ha coinciso con una lenta ma costante riduzione dei deficit regionali. Tuttavia, tale riduzione è stata conseguita in gran parte tramite il blocco o la riduzione del personale sanitario e il contenimento dei consumi sanitari. A testimonianza di quanto detto, nel 2014 la dotazione di posti letto negli ospedali è pari al 3,04 per 1.000 abitanti per la componente acuti e allo 0,58 per 1.000 per la componente post-acuzie, lungodegenza e riabilitazione, tutti valori inferiori agli standard normativi. Nel contempo, la spesa per il personale, in rapporto alla popolazione, è diminuita del 4,4% tra il 2010-2013, passando da un valore di 606,9€ a 580,1€.

Rispetto alle condizioni di salute della popolazione, nel 2014 sono stati diagnosticati 115,8 nuovi casi di tumore colorettale ogni 100.000 uomini, ovvero circa 34.500 nuovi casi, per l’altro genere tale incidenza è pari a 80,3 per 100.000 donne, corrispondente a oltre 25.000 nuovi casi. Il tumore della mammella ha fatto registrare oltre 55.000 nuove diagnosi, ovvero 175,7 nuovi casi annui ogni 100.000 donne. A fronte di questi dati allarmanti, l’investimento in prevenzione nel nostro Paese è ancora molto scarso. L’OECD (2013) evidenzia che il nostro Paese destina solo il 4,1% della spesa sanitaria totale all’attività di prevenzione, quota che ci colloca in posizione di rincalzo tra i 30 Paesi dell’area OECD.

Ai dati appena riferiti se ne aggiunge uno relativo all’aumento consistente della mortalità nel 2015, circa 54.000 decessi in più rispetto all’anno precedente. “Questo incremento”, spiega il dottor Alessandro Solipaca, “è dovuto al costante aumento del numero delle persone molto anziane nel nostro Paese e all’andamento ciclico della mortalità osservabile nei dati in serie storica. Quindi tale incremento non deve destare particolare allarmismo, poiché è legato per lo più a fenomeni di natura demografica; merita però attenzione da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) il fatto che alcuni decessi sono riconducibili all’ondata di calore sperimentata nell’estate 2015 e alla mortalità per complicanze dell’influenza nella popolazione anziana. Si tratta cioè di morti evitabili con efficaci politiche di prevenzione, in particolare con quelle finalizzate all’informazione e alla promozione della prevenzione primaria e agli interventi mirati all’aumento della copertura vaccinale antinfluenzale tra gli anziani che, come documentato nel Rapporto, è addirittura in diminuzione”.

Da QS

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